“Gli standard UE devono essere rispettati non “armonizzati” al ribasso al livello del minimo comun denominatore. Essi comprendono gli standard sociali e lavorativi, la tutela dei consumatori e della salute, la cura dell’ambiente inclusa la rigenerazione delle nostre risorse naturali, il benessere animale, gli standard di sicurezza alimentare e le pratiche agricole ambientalmente sostenibili, accesso all’informazione ed etichettatura, cultura e medicina, regolamentazione del mercato finanziario così come la protezione dei dati, la neutralità della rete e altri diritti digitali.
Il mutuo riconoscimento non è accettabile quando compromette standard concordati democraticamente o forti salvaguardie. Il principio di precauzione va applicato estesamente”. Si oppongono inoltre a ogni ulteriore deregolamentazione o privatizzazione dei servizi pubblici e a ogni ipotesi di restrizione degli standard europei e internazionali sui diritti umani.
Il timore che viene dalle informazioni filtrate sul TTIP è infatti che si vada in una direzione diametralmente opposta.
Le organizzazioni firmatarie del documento tornano infatti a denunciare che “i negoziati si svolgono a porte chiuse, senza una completa ed effettiva consultazione pubblica.
La mancanza di trasparenza e di procedure democratiche rende impossibile per i cittadini e la società civile monitorare i negoziati al fine di assicurarsi che i pubblici interessi vengano tutelati.
Ai gruppi lobbistici del modo degli affari è concesso un accesso privilegiato alle informazioni e l’opportunità di influenzare i negoziati”. Uno dei problemi è inoltre il proposto capitolo sulla protezione degli investimenti: “ l’inclusione di una disposizione di risoluzione delle controversie investitore-stato (ISDS) – scrivono – concederebbe agli investitori il diritto esclusivo di citare in giudizio gli stati quando decisioni democratiche, prese dalle istituzioni pubbliche nell’interesse pubblico, venissero ritenute di impatto negativo sui profitti attesi. Questi meccanismi fanno affidamento su sentenze di tribunali che operano al di fuori dei sistemi giudiziari nazionali e minano così i nostri sistemi legali nazionali ed Europei e le nostre strutture democratiche nel formulare leggi e politiche nel pubblico interesse”.