Nel controllo dei molluschi alimentari è lecito ricorrere al metodo chimico per rilevare la presenza di biotossine marine. Questo protegge meglio la salute dei consumatori rispetto ai test effettuati sui topi e consente in via accessoria di ridurre il numero di test praticati sugli animali. È l’odierna pronuncia del Tribunale dell’Unione europea che ha respinto il ricorso presentato dalla Spagna, relativo ai metodi con cui vengono controllati i molluschi commercializzati, sottoposti a test periodici contro la presenza di tossine.

L’Unione europea prevede, a tutela della salute pubblica, che sia limitata la quantità totale di biotossine che possono contenere i molluschi bivalvi vivi commercializzati per il consumo umano (in particolare le vongole, le ostriche, le cozze, le capesante e altre conchiglie). Questi possono infatti essere contaminati da tossine marine spesso dovute ad alte concentrazioni di fitoplancton tossico nel mare, chiamate anche «maree rosse»: per proteggere la salute pubblica, le zone di produzione di molluschi bivalvi vivi destinati al consumo umano devono essere sottoposte a controlli periodici volti a garantire l’assenza di tossine marine. Le tossine lipofile costituiscono un gruppo specifico di tossine marine.

Negli anni passati, dal 2005 al 2011, queste tossine venivano rilevate attraverso il metodo biologico, che prevedeva test sui topi. Nel 2009 però l’Autorità europea per la sicurezza alimentare ha stabilito che il metodo biologico presentava delle lacune e non era appropriato per la variabilità dei risultati e una insufficiente capacità di rilevazione: due anni dopo, anche a seguito dell’adozione di una direttiva per proteggere gli animali usati a fini scientifici, la Commissione europea ha modificato i metodi di analisi per la rilevazione delle biotossine marine portando all’adozione di un metodo chimico, basato su un’estrazione e un’analisi delle tossine dei tessuti, considerato più affidabile – consentendo che i test sui topi potessero essere effettuati fino al 31 dicembre 2014. L’adozione del metodo di analisi chimica è stato contestato dalla Comunità autonoma della Galizia (Spagna), una delle principali regioni di produzione di molluschi bivalvi in Europa e nel mondo: la Spagna ritiene che la Commissione abbia violato i Trattati poiché, a suo avviso, la sostituzione del metodo biologico con il metodo chimico come metodo di riferimento arreca grave danno alla protezione della salute pubblica e pregiudica fortemente i produttori galiziani.

Il Tribunale ha però respinto il ricorso della Spagna sottolineando che, sulla base delle valutazioni scientifiche dell’Efsa, “il mantenimento del metodo biologico avrebbe creato un rischio per la salute pubblica”.

Per il Tribunale, inoltre, la Spagna non ha provato che il metodo chimico sia meno affidabile: “la Spagna non ha dimostrato che la decisione di sostituire il metodo biologico con il metodo chimico come metodo di riferimento per le biotossine conosciute ha comportato un rischio per la salute pubblica in violazione del TFUE”. Il Tribunale aggiunge inoltre che”il principio di proporzionalità non è stato violato, dato che il costo più elevato addotto dalla Spagna a causa dell’utilizzo del metodo chimico non può essere considerato sproporzionato rispetto all’obiettivo di protezione della salute dei consumatori di molluschi bivalvi. Da un lato, il metodo biologico non consente di rilevare in maniera sufficientemente affidabile taluni tipi di tossine. Dall’altro lato, la Spagna non ha dimostrato di aver preso in considerazione la riduzione dei costi che il metodo chimico potrebbe comportare per gli operatori del settore grazie alla sua maggiore affidabilità quanto alle tossine conosciute”.

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