Dodici giorni di chiusura annuale per le attività commerciali, con la possibilità per i negozi di avere una deroga di sei giorni. La possibilità per i Comuni di predisporre “accordi territoriali non vincolanti per la definizione degli orari e delle chiusure degli esercizi commerciali” e per il sindaco di decidere gli orari di apertura dei negozi, per un massimo di tre mesi, nelle aree della movida notturna. Sono le proposte contenute nei nuovi ddl sugli orari dei negozi approvati alla Camera. L’Antitrust ha già espresso parere contrario, i Consumatori considerano le disposizioni anacronistiche.

Secondo l’Antitrust “la strada da percorrere deve andare nel senso di rimuovere tempestivamente e definitivamente gli ostacoli normativi e amministrativi ancora interposti a livello locale alla liberalizzazione disposta dal legislatore nazionale”: questa la posizione espressa nei giorni scorsi dal presidente dell’Autorità Giovanni Pitruzzella in audizione al Senato.

Il presidente dell’Antitrust Pitruzzella ha sottolineato che la normativa vigente prevede che “le attività commerciali non possano essere soggette a limiti in materia di orari di apertura e chiusura dei relativi esercizi, essendo rimessa ogni decisione in materia al libero apprezzamento degli operatori economici”. E ha espresso un parere sfavorevole rispetto ai disegni di legge (n. 1629 e 762) sugli orari dei negozi approvato alla Camera. Il provvedimento, secondo l’Antitrust, “reintroduce una serie di limitazioni e vincoli alla libera determinazione degli orari di apertura e chiusura degli esercizi commerciali che vanno nella direzione contraria rispetto a quella di una piena liberalizzazione dello svolgimento delle attività commerciali”.

Sono tre le riserve espresse dall’Antitrust. Queste riguardano prima di tutto l’articolo 1 che prevede un’eccezione a questo principio individuando 12 giorni di chiusura obbligatoria corrispondenti alle principali festività annuali. Allo stesso tempo la normativa prevede una deroga fino a sei giorni, previa comunicazione preventiva al Comune competente e secondo modalità e termini stabiliti con decreto del Ministero dello Sviluppo economico da emanare dopo aver sentito l’Anci. Rispetto a un contesto normativo in cui è stata sancita la piena libertà dei negozianti, “il disegno di legge – ha sottolineato il presidente dell’Antitrust – interviene a frapporre ostacoli alla liberalizzazione degli orari e delle giornate di apertura degli esercizi commerciali, introducendo così un ostacolo al libero dispiegarsi delle dinamiche commerciali”. Questo principio, ha ricordato Pitruzzella, vige ormai in gran parte dei Paesi europei, molti dei quali – tra cui la Svezia, l’Irlanda e il Portogallo – hanno eliminato, come l’Italia, ogni vincolo alle aperture domenicali e festive. La tendenza generale, dunque, va verso una “sempre maggiore flessibilità e libertà nelle scelte relative alle modalità di svolgimento dell’attività economica”.

Ma riserve ci sono anche sull’articolo 2 del ddl che prevede la facoltà dei Comuni di predisporre “accordi territoriali non vincolanti” sugli orari dei negozi, con incentivi fiscali a favore delle micro, piccole e medie imprese che accettano di aderire. “Si tratta indubbiamente – a giudizio dell’Antitrust – di una previsione suscettibile di ricondurre la definizione degli orari alla pianificazione degli enti territoriali, rischiando così di legittimare la reintroduzione di limiti stringenti all’autonomia delle imprese”. Per l’Antitrust ci sono problemi anche con l’articolo 3, che attribuisce al sindaco il potere di definire, per un periodo massimo di tre mesi, gli orari dei pubblici esercizi e delle attività commerciali e artigianali in determinate zone del territorio, più frequentate nelle ore notturne. “Tale potere – ha eccepito Pitruzzella – appare particolarmente penetrante nella misura in cui consente ai sindaci di definire gli orari di apertura in termini generali”, mentre “l’introduzione di vincoli alla libera iniziativa economica dovrebbe essere limitata a quanto strettamente necessario per il perseguimento di specifiche esigenze di interesse pubblico”.

L’interpretazione dell’Antitrust è però contestata da Confcommercio. “Pur rispettando il parere dell’Antitrust, Confcommercio ritene che il Presidente Pitruzzella abbia enfatizzato i timori legati all’approvazione delle nuove norme in materia di orari attualmente in discussione al Senato – si legge in una nota – Le nuove disposizioni, infatti, lasciano intatta la libertà degli esercenti di restare aperti anche 24 ore al giorno. Quello che verrebbe introdotto è soltanto l’obbligo di chiusura nelle 12 festività nazionali 6 delle quali potrebbero tuttavia essere sostituite dagli esercenti con altrettanti giorni a loro libera scelta. Ci sembra una regolamentazione minima, ragionevole e  assolutamente compatibile con i principi e le prassi prevalenti in Europa in materia di libertà di concorrenza”.

Non è dello stesso avviso l’Unione Nazionale Consumatori che parla di dietrofront e di proposte non accettabili perché burocratiche e complicate. “Il disegno di legge rappresenta un dietrofront rispetto all’unica effettiva e reale liberalizzazione intervenuta dopo il periodo delle cosiddette lenzuolate Bersani – dice il segretario Massimiliano Dona – Una restaurazione inaccettabile ed anacronistica, indicativa di una incapacità di progredire verso un libero mercato, svincolato da restrizioni e regole assurde che certo non perseguono l’interesse dei consumatori e che non rappresentano la volontà degli italiani”. Insieme all’UNC, anche il Movimento Difesa del Cittadino, Cittadinanzattiva e Altroconsumo sono a favore dell’apertura domenicale dei negozi; diversa invece la posizione di Federconsumatori, che insieme ai sindacati si è dichiarata contraria alle aperture domenicali.

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