L’amianto causa ogni anno in Italia 4 mila morti. Ci sono ancora 32 milioni di tonnellate di amianto presente sul territorio (e la stima è per difetto). Le bonifiche vanno a rilento e, di questo passo, serviranno almeno 85 anni per completarle. Sono solo tre dati che rendono l’idea di quanto sia ancora un’emergenza la presenza di questa fibra killer, a 23 anni dalla sua messa al bando. Non tutte le regioni hanno approvato il Piano Regionale Amianto: mancano all’appello Abruzzo, Calabria, Lazio, Molise, Puglia e Sardegna.
In occasione della Giornata mondiale delle vittime dell’amianto, che si celebra domani, Legambiente ha pubblicato il dossier “Liberi dall’amianto”, che fa il punto della situazione. Uno stato certamente drammatico. “Nonostante la messa al bando dell’amianto in Italia risale al 1992 (legge n.257) il problema sanitario e ambientale non sembra essersi risolto – si legge nel documento – Lo evidenziano i numerosi casi di morti da malattie asbesto correlate, certificati dal ReNaM, il Registro Nazionale Mesotelioma redatto e coordinato dall’Inail. In Italia sono circa quattromila i morti ogni anno per tutte le malattie asbesto correlate, con oltre 15mila casi di mesotelioma maligno diagnosticato dal 1993 al 2008. Numeri impressionanti se si allarga l’orizzonte sul fronte europeo, dove tra il 1994 ed il 2010 sono stati registrati oltre 100mila decessi a causa dell’amianto, il 60% di quelli globali”.
Nonostante la messa al bando l’amianto è ancora diffusissimo: le stime per difetto del CNR-Inail parlano di ben 32 milioni di tonnellate e il Programma nazionale di bonifica del Ministero dell’Ambiente conta 75mila ettari di territorio in cui è accertata la presenza di materiale in cemento amianto. Come detto, i Piani regionali amianto dovevano essere redatti entro 180 giorni dalla legge 257 ma a oggi Abruzzo, Calabria, Lazio, Molise, Puglia e Sardegna non li hanno ancora approvati. Il censimento, fondamentale per calcolare le quantità da recuperare e realizzato (in modo disomogeneo) solo in 10 Regioni (Abruzzo, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Marche, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria e Valle d’Aosta), indica oltre 230mila strutture censite. In particolare, gli edifici pubblici e privati contenenti amianto sarebbero più di 188.000 cui vanno aggiunti i 6.913 siti industriali dislocati su tutto il territorio nazionale e altre strutture contenenti la pericolosa fibra. Ma la mappatura dell’amianto presente sul territorio è stata conclusa solo da metà delle Regioni. E la Banca Dati Amianto coordinata dal ministero dell’Ambiente riporta almeno 38.000 siti su tutto il territorio nazionale, con oltre 300 siti in classe di priorità 1, ovvero a maggior rischio, su cui avviare da subito le azioni di risanamento.
A questo si aggiunge la lentezza delle bonifiche realizzate. Secondo quanto riporta Legambiente, sono ancora pochi gli interventi di bonifica realizzati fino a oggi: 27.020 edifici tra pubblici e privati; lenti quelli in corso: 26.868; molti quelli ancora da iniziare, tanto che di questo passo si stimano non meno di 85 anni per completare le bonifiche. Spiega l’associazione: “Per affrontare efficacemente il problema, nel marzo del 2013, i ministeri della Salute, del Lavoro e dell’Ambiente hanno approvato il Piano Nazionale Amianto: un documento complesso che affronta la problematica dal punto di vista sanitario, dell’assistenza e dei risarcimenti ai lavoratori e agli esposti e dal punto di vista ambientale, con misure che, se fossero messe in campo, darebbero una svolta vera alla situazione, se il Piano non fosse ancora oggi fermo in Conferenza Stato Regioni, dove, per mancanza di fondi, continua ad essere rimandata la sua discussione”.
Il risanamento ambientale, la bonifica e il corretto smaltimento dei materiali contenenti amianto devono essere le priorità per portare a zero il rischio connesso con l’esposizione alla pericolosa fibra – ha dichiarato il responsabile scientifico di Legambiente – Per questo però occorre un serio impegno da parte innanzitutto delle Regioni e degli altri enti locali e nazionali competenti. Fino ad oggi, purtroppo, i risultati ottenuti sono molto scarsi. E’ urgente intervenire tanto sui grandi siti industriali quanto sugli edifici pubblici e privati; bisogna completare il censimento e gestire con attenzione i sistemi e gli impianti per il trattamento e lo smaltimento dei materiali contenenti amianto. E’ poi necessario promuovere una corretta informazione sul problema amianto, su come comportarsi per eseguire interventi corretti e sui rischi derivanti dall’esposizione alle fibre dovuta al deterioramento delle strutture ma anche allo smaltimento illegale dei materiali”.
L’associazione chiede al Governo di dare risposta e giustizia alle vittime dell’amianto, “come promesso all’indomani dell’assurda sentenza di assoluzione che ha messo la parola fine al processo Eternit nel novembre scorso”. E sollecita l’approvazione del disegno di legge sugli ecoreati, che dovrà essere discusso alla Camera dei Deputati nei prossimi giorni. “Solo con l’inserimento nel codice penale dei delitti di inquinamento e disastro ambientale, si potrà evitare che si consumino altri crimini com’è successo a Casale Monferrato, nella Terra dei fuochi, nella Valle del Sacco, a Taranto, a Porto Marghera, a Bussi e in tantissime altre realtà”.