E’ il riciclo la vera sfida per il nostro pianeta. E bisogna partire dal settore delle costruzioni: grazie all’uso di materiali riciclati è possibile chiudere almeno 100 cave delle 2500 che abbiamo in Italia, riducendo così l’impatto ambientale complessivo. E’ quanto emerge dal primo rapporto dell’Osservatorio Recycle promosso da Legambiente e presentato oggi a Rimini presso Ecomondo. Ogni anno in Italia vengono prodotti quasi 45 milioni di tonnellate di rifiuti inerti; sul nostro territorio insistono 2.500 cave da inerti attive e tra le 15 mila abbandonate, la maggior parte sono ex cave di sabbia e ghiaia; nel complesso oltre il 62,5% di quanto viene cavato è composto da inerti. Ridurre il prelievo di materie prime e l’impatto delle cave sul paesaggio è possibile: attraverso il riutilizzo dei rifiuti aggregati e degli inerti provenienti dalle demolizioni si avvierebbe una nuova filiera green in grado di produrre nuovi posti di lavoro, valorizzare ricerca e innovazione, contribuire a ridurre le emissioni di gas di serra.

Questo è stato il tema del convegno “Recycle: la sfida nel settore delle costruzioni”, organizzato da Legambiente con il contributo di ECO.MEN e Ecopneus oggi a Rimini, nell’ambito di Ecomondo. L’obiettivo dell’Osservatorio Recycle, promosso da Legambiente, è di raccontare e approfondire l’innovazione già in corso nel settore della produzione di aggregati riciclati. Un processo che oggi è spinto anche dalla Direttiva 2008/98/CE che prevede che nel 2020 si raggiunga un obiettivo pari al 70% del riciclo dei rifiuti da costruzione e demolizione.

“Un punto va sottolineato con attenzione – ha dichiarato Edoardo Zanchini – oggi non esistono più motivi tecnici, prestazionali o economici per non utilizzare materiali provenienti da riciclo nelle costruzioni. Le esperienze raccontate in questo Rapporto descrivono cantieri e capitolati dove queste innovazioni sono già state portate avanti. E dimostra che i materiali da riciclo e recupero di aggregati possono essere assolutamente competitivi sia sul piano tecnico che su quello economico.

Attualmente nel nostro paese la capacità di recupero sfiora a malapena il 10% (anche se con differenze significative tra Regione e Regione e con alcune esperienze d’eccellenza che mostrano tutta la fattibilità dell’impresa), mentre in Europa l’Olanda con il 90% dei materiali recuperati è la nazione più virtuosa, seguita da Belgio (87%) e Germania (86,3%).

In Italia non esistono impedimenti tecnici o motivazioni di natura normativa che ne impedirebbero l’utilizzo, ma nella realtà la diffusione di materiali provenienti dal recupero ha di fronte forti ostacoli. Il primo e principale problema riguarda i cantieri dei lavori pubblici e privati, dove spesso i capitolati sono una barriera insormontabile per gli aggregati riciclati perché pur essendo previsto l’obbligo di utilizzo di alcune categorie di materiali, di fatto è impedita l’applicazione per quelli provenienti dal riciclo.

Eppure molte esperienze raccolte nel dossier Recycle dimostrano l’efficacia degli aggregati riciclati e degli asfalti derivati dal riutilizzo di pneumatici usati: dagli asfalti in gomma riciclata in Val Venosta all’uso di aggregati riciclati nel Palaghiaccio di Torino.

E’ necessario che le stazioni appaltanti, pubbliche e private, cambino i propri capitolati per impedire queste discriminazioni. In questa direzione vanno le proposte presentate con il capitolato speciale d’appalto RECYCLE, elaborato da Legambiente in collaborazione con Atecap, Eco.Men ed Ecopneus, che si pone l’obiettivo di stimolare le stazioni appaltanti a intraprendere la strada già fissata dall’Europa.

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