“Nella società digitale noi siamo i nostri dati e la vulnerabilità dei dati è vulnerabilità delle nostre persone”, dice il presidente del Garante Privacy Antonello Soro. La protezione dei dati implica sicurezza e questa non è certo facile nella società digitale. Implica trasparenza. E deve essere la “bussola” di un futuro digitale in cui il potere è ora concentrato nelle mani di poche piattaforme tecnologiche. La relazione annuale del Garante Privacy è un manifesto già nel titolo che ha scelto per inquadrare le sfide attuali: “Persona vulnerabile. La protezione dei dati nella società digitale”.
Il Garante Privacy ha detto no a una “indebita profilazione delle persone che lavorano”. Sostiene Soro: “Nei rapporti di lavoro il crescente ricorso alle tecnologie nell’organizzazione aziendale, i diffusi sistemi di geolocalizzazione e telecamere intelligenti hanno sfumato la linea – un tempo netta – tra vita privata e lavorativa. È auspicabile che il decreto legislativo all’esame delle Camere sappia ordinare i cambiamenti resi possibili dalle innovazioni in una cornice di garanzie che impediscano forme ingiustificate e invasive di controllo”. Dunque, il monitoraggio di strumenti e impianti “non deve tradursi in una indebita profilazione delle persone che lavorano”.
L’attività del Garante parte dalla considerazione dell’importanza della protezione dei dati nella società digitale dei Big data, dell’Internet delle cose, del pianeta connesso e del potere concentrato in poche grandi piattaforme tecnologiche. “Nella società digitale noi siamo i nostri dati e la vulnerabilità dei dati è vulnerabilità delle nostre persone: da questa considerazione si deve partire per ricercare nuove e più efficaci forme di tutela delle nostre libertà”, dice Soro, aggiungendo: “Non c’è dimensione della vita, privata e pubblica, che non presupponga un trattamento di dati personali e non richieda solide garanzie per evitare che quei dati vengano usati “contro di noi”, privandoci della nostra libertà anziché agevolandone l’esercizio”. Il presidente del Garante Privacy evidenzia le sfide della società digitale, sottolinea che “dobbiamo rimuovere la tentazione tecnofobica” e allo stesso tempo ricorda come sia la Cassazione che l’Onu abbiano sancito il principio che “i diritti devono godere on-line della stessa tutela accordata off-line e che l’identità digitale non è meno “personale” di quella reale”.
In questa cornice si dispiega dunque l’attività del Garante privacy, che ha ricordato come la protezione dei dati si accompagni alla garanzia della sicurezza e all’esigenza della trasparenza. Ha ricordato come l’economia digitale abbia favorito la concentrazione di potere nelle mani delle grandi piattaforme tecnologiche e ha sottolineato la necessità di uno “sviluppo sostenibile del pianeta connesso”. Ha detto Soro: “Come è stato per la cultura ambientalista, occorre infatti diffondere la consapevolezza che anche nell’Infosfera ogni atto compiuto deve essere un atto responsabile e che il contributo di ciascuno, oggi, è indispensabile per migliorare la prospettiva del nostro futuro e tracciare uno sviluppo sostenibile del pianeta connesso. E questa è sfida che interroga gli Stati ed esige una risposta globale. Una Kyoto della protezione dati”.