In tutto il mondo ci sono almeno 168 milioni di bambini e adolescenti costretti a lavorare. Fra questi 85 milioni sono coinvolti in lavori altamente rischiosi. E ci sono 5 milioni di bambini in condizione di schiavitù o in una situazione analoga. La maggioranza non ha accesso all’istruzione di base. Il coinvolgimento prematuro nel lavoro minorile è associato a bassi livelli di istruzione e, allo stesso tempo, l’abbandono scolastico riduce le possibilità di accedere a un lavoro dignitoso in futuro. È il quadro che emerge dai dati dell’Ilo, l’Organizzazione internazionale del lavoro, in vista della giornata contro il lavoro minorile di oggi.
Il tema di quest’anno è «NO al lavoro minorile – SI all’istruzione di qualità». A Ginevra l’evento in programma – ma ci sono iniziative in tutto il mondo – richiamerà l’attenzione anche sulla nuova campagna per la ratifica del Protocollo Ilo sul lavoro forzato adottato nel giugno 2014. Il settore in cui si conta la più alta presenta di minori che lavorano è l’agricoltura, con 98 milioni di minori, ma bambini e adolescenti sono purtroppo presenti in tantissime attività, nelle case, nel lavoro in miniera, nelle fabbriche, spesso in condizioni di sfruttamento e di estremo pericolo.
Il lavoro minorile è presente anche in Italia e riguarda almeno 340 mila minori sotto i 16 anni, di cui 28 mila coinvolti in attività molto pericolose per la loro sicurezza, salute e ai limiti dello sfruttamento: la denuncia viene da Save the Children, che insieme all’Ilo chiede l’adozione di un piano nazionale sul lavoro minorile e di contrasto e prevenzione dello sfruttamento lavorativo di bambini e adolescenti nel nostro paese. Dice Raffaela Milano, Direttore Programmi Italia-Europa Save the Children: “Ci ritroviamo a constatare una mancanza di attenzione al lavoro minorile nel nostro paese, sia in termini di monitoraggio del fenomeno che di azioni specifiche per prevenire e contrastare il lavoro illegale e in particolare le peggiori forme di lavoro minorile, nonostante si tratti di un problema presente e che rischia di peggiorare, anche a causa della crisi economica”.
Un bambino che lavora è un bambino sfruttato, che non solo perde l’infanzia, ma vede compromesso da subito il suo futuro. Come emerge dal Rapporto mondiale sul lavoro minorile dell’Ilo, spiega Furio Rosati, dell’Ilo e Direttore del Programma di ricerca Ilo-Unicef-Banca Mondiale Understanding Children’s Wor, “un bambino costretto a lavorare prima del tempo, avrà il doppio delle difficoltà dei suoi coetanei ad accedere ad un lavoro dignitoso in età più adulta e correrà molti più rischi di rimanere ai margini della società, in condizioni di sfruttamento. E’ cruciale assicurare ai minori una istruzione di qualità almeno fino all’età minima di accesso al mercato del lavoro per garantire l’acquisizione delle conoscenze base e delle competenze adeguate alle necessità del mercato del lavoro. Dobbiamo impedire che il lavoro minorile comprometta il presente e il futuro dei bambini e agire perché ciò non accada, sia nei paesi in via di sviluppo che nei paesi più benestanti, Italia inclusa”.
I dati diffusi da Save the Children e relativi al lavoro minorile, raccolti nella ricerca Game Over, dicono che in Italia il 7% dei minori nella fascia di età 7-15 anni è coinvolta nel lavoro minorile. Più di due su tre, fra 14 e 15 anni, sono maschi e circa il 7% è un minore straniero. L’11% degli adolescenti che lavorano, 28 mila in tutto, sono coinvolti nelle peggiori forme di lavoro minorile: lavorano di notte, con orari continuati, col rischio di compromettere gli studi e di non aver tempo per giocare e neanche per riposare. Lavorano perlopiù in attività di famiglia (44,9%) mentre per ciò che riguarda i minori impiegati all’esterno del circuito familiare, i settori principali sono quello della ristorazione (43%), dell’artigianato (20%) e del lavoro in campagna (20%). E sono stati coinvolti in sfruttamento lavorativo anche molto pesante la gran parte di minori nel circuito della giustizia minorile, come emerge da un’ulteriore indagine di Save the Children.