Intercettazioni preventive per reati genericamente commessi online e con strumenti informatici, e due anni di tempo per conservare i dati del traffico telematico e delle chiamate senza risposta: questi i due punti più critici del dl antiterrorismo che preoccupano il Garante per la Privacy. Per il presidente dell’Autorità Antonello Soro con gli emendamenti approvati al decreto legge “viene meno l’equilibrio fra privacy e sicurezza”. Che risulta troppo sbilanciato verso le esigenze investigative.
“Suscitano seria preoccupazione alcuni emendamenti al decreto-legge antiterrorismo approvati in Commissione, che alterano il necessario equilibrio tra privacy e sicurezza – ha detto il presidente Soro – In particolare, l’emendamento che porta a 2 anni il termine di conservazione dei dati di traffico telematico e delle chiamate senza risposta (ora di un anno e, rispettivamente, di un mese) va nel senso esattamente opposto a quello indicato dalla Corte di giustizia l’8 aprile scorso”. Come spiega il presidente del Garante Privacy, “la sentenza ha infatti annullato la direttiva sulla data retention in ragione della natura indiscriminata della misura (applicabile a ciascun cittadino, senza distinzione tra i vari reati e le varie tipologie di comunicazioni “tracciate”). In quella sede, la Corte ha ribadito la centralità del principio di stretta proporzionalità tra privacy e sicurezza; proporzionalità che esige un’adeguata differenziazione in base al tipo di reato, alle esigenze investigative, al tipo di dato e di mezzo di comunicazione utilizzato. Queste, dunque – come abbiamo già sottolineato in sede di audizione, in Commissione, sul decreto- le indicazioni ineludibili per riformare la disciplina interna attuativa di quella direttiva; non quelle, di segno opposto, proposte all’Aula dalla Commissione”.
Un altro tema critico riguarda la possibilità di intercettare preventivamente i sospettati che agiscono online: “Perplessità suscita anche l’emendamento che ammette le intercettazioni preventive (disposte dall’autorità di pubblica sicurezza nei confronti di meri sospettati), per i reati genericamente commessi on-line o comunque con strumenti informatici – prosegue Soro – Anche in tal caso l’equilibrio tra protezione dati ed esigenze investigative sembra sbilanciato verso queste ultime, che probabilmente non vengono neppure realmente garantite da strumenti investigativi privi della necessaria selettività”.