Un tesoretto da 3 a 6 miliardi di euro l’anno che l’Italia potrebbe impiegare nella lotta alla povertà. È la stima sul gettito della Tassa europea sulle Transazioni Finanziarie che emerge dal recente studio pubblicato da uno dei più autorevoli istituti di ricerca economica tedeschi, The German Institute for Economic Research (DIW Berlin).
Le stime sul gettito della TTF sono strettamente legate alla sua architettura che gli 11 Paesi UE aderenti alla cooperazione rafforzata andranno ad adottare, ovvero all’ampiezza della base imponibile, all’applicazione dei principi di tassazione, alle esenzioni che verranno concesse. Aspetti che da mesi sono al centro del dibattito tra gli 11 Paesi coinvolti nel negoziato europeo, tra lunghe impasse politiche e intromissioni delle lobby della finanza.
Quali i dati per l’Italia? Una tassa con ampia base imponibile, ovvero applicata alla più ampia gamma di strumenti finanziari (secondo l’impianto della direttiva proposta dalla Commissione Europea), con il ricorso al doppio principio di tassazione (di residenza dell’operatore e di nazionalità del titolo) e con aliquote dello 0,1% per le azioni e dello 0,01% per i derivati porterebbe nelle casse dello Stato dai 3 miliardi ai 6 miliardi di euro all’anno.
Il potenziale fiscale della TTF, che ha anche il merito di essere un efficace deterrente alla speculazione finanziaria, disincentivando in particolare il trading ad alta frequenza a vantaggio di investimenti di medio-lungo termine, è un’opportunità irrinunciabile se si pensa alla destinazione che queste risorse potrebbero avere in termini di spesa sociale per l’Italia, di maggiori aiuti per istruzione e salute nei Paesi più poveri, di investimenti per il contrasto ai cambiamenti climatici.
Con il gettito che i Paesi europei raccoglierebbero in un solo mese di applicazione della TTF (2,9 miliardi secondo le stime della Commissione) si potrebbe pagare il salario di un intero anno di 1,5 milioni di infermieri in Africa. E in Italia metà delle risorse annue generabili dalla TTF potrebbero contribuire ad esempio alla creazione di un Reddito di Inclusione Sociale per far fronte ai bisogni delle famiglie che versano in stato di povertà assoluta.
Nel prendere in considerazione il potenziale fiscale della TTF e nell’avallarne un impianto tecnico ambizioso, lo studio ribadisce – come anche la Campagna ZeroZeroCinque, il valore di apripista della TTF come misura di fiscalità comunitaria, e di regolamentazione finanziaria comune di un settore che ha usufruito nel momento più buio della crisi di piani pubblici di salvataggio per più di un terzo del PIL continentale (oltre il doppio del debito pubblico italiano), con ripercussioni drammatiche per i bilanci degli Stati, senza un apparente cambiamento del proprio modus operandi, restando lontano dal proprio ruolo di servizio all’economia reale, e contribuendo a un peggioramento dei livelli di diseguaglianza sociale.
“Il nodo vero per la democrazia e il benessere economico oggi, per l’Italia e per l’Europa è il rapporto di forza tra gli Stati e la grande Finanza – commenta Leonardo Becchetti, portavoce della Campagna ZeroZeroCinque – Sui tanti fronti aperti di questo grande tema ci giochiamo il nostro futuro!