Eliminare la pesca eccessiva e sostenere chi pesca in modo sostenibile: è l’appello #InNomedelMare lanciato da Greenpeace, che chiede un intervento al Ministero delle Politiche agricole per tutelare mari, pesci e pescatori ed evitare che l’Italia incappi in una nuova infrazione europea. “Le risorse di pesca sono in evidente declino e la crisi dell’intero settore è oramai sotto gli occhi di tutti”, dice l’associazione.
“In nome del Mare ci battiamo per fermare chi, in nome del profitto, minaccia la sopravvivenza dell’ecosistema marino: la pesca eccessiva e distruttiva sta impoverendo i nostri mari, danneggiando i pescatori che lavorano riducendo al minimo gli impatti sull’ambiente e le risorse ittiche – si legge nell’appello – Mentre i mari e le reti si svuotano, chi dovrebbe proteggere le risorse della pesca non fa abbastanza, consegnando i pesci del Mediterraneo, già pesantemente a rischio, alle scappatoie e ai privilegi di chi il mare lo sfrutta senza pietà. Il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali ha tutti gli strumenti per fermare la pesca eccessiva, ma fino ad ora ha fatto ben poco per garantire un futuro a pesci e pescatori: cattiva gestione e politiche di breve periodo mirate al profitto piuttosto che alla sostenibilità ambientale, economica e sociale, stanno portando inesorabilmente al collasso il mare e le comunità che dipendono da esso”.
Per Greenpeace il Ministero delle Politiche agricole è responsabile di aver attuato finora politiche fallimentari nella gestione della pesca. Sotto accusa sono soprattutto le “autorizzazioni speciali” di pesca, contro cui l’associazione era già entrata in azione, nel 2013, nel Canale di Sicilia. Allora aveva denunciato un caso riguardante alcune “autorizzazioni speciali” di pesca, rilasciate dal Ministero delle Politiche Agricole, sin dalla fine degli anni ’90, alla flotta delle volanti a coppia (reti a strascico semi-pelagiche), per pescare stock già sovrasfruttati come acciughe e sardine. Gli attivisti, scesi in mare a bordo di un gommone, avevano affiancato due pescherecci che stavano pescando attraverso una di queste “autorizzazioni speciali” e avevano esposto uno striscione con la scritta “Questa pesca svuota il mare”. “A seguito di questa protesta pacifica, il direttore delle Campagne di Greenpeace è stato denunciato e oggi affronta la prima udienza di un processo che lo vede accusato di “violenza privata”, dice Greenpeace, sottolineando che non può essere più rimandato l’impegno ad attuare una pesca sostenibile che assicuri il recupero degli stock in declino.
“Invece di mettere in atto misure gestionali che permettano la tutela e il recupero delle risorse ittiche, a beneficio dell’intera comunità e di chi pesca in modo sostenibile, solo pochi mesi fa il Ministero ha rinnovato per l’ennesima volta nuove autorizzazioni speciali di pesca che pongono in ulteriore sofferenza degli stock già sovrasfruttati – dichiara Serena Maso, campaigner Mare di Greenpeace Italia – Eppure sotto processo siamo finiti noi e non chi sta mettendo a rischio il futuro dei nostri mari”. A seguito di una denuncia fatta da Greenpeace e da altre associazioni alla Commissione Europea contro il sistema delle “autorizzazioni speciali”, l’Unione europea ha aperto un’indagine. E se il Ministero dovesse essere ritenuto responsabile, l’Italia rischia una nuova procedura d’infrazione. “È ora di smetterla, negli ultimi anni il Ministero si è riempito la bocca di false promesse in nome di una sostenibilità ambientale che ancora non c’è!!
Chiediamo che questi permessi speciali vengano ritirati, e che vengano stabilite misure serie e lungimiranti che permettano di recuperare gli stock e favorire chi pesca sostenibile”.