Sono stati 8.700.000 gli italiani che nel 2014 hanno fatto ricorso ad un libero professionista per riceve prestazioni infermieristiche (di 2.300.000, pari al 25,7%, per assistenza di tipo continuativo). Nel coplesso, queste prestazioni che il Sevizio Sanitario Nazionale non é in grado di garantire sul territorio sono costate alle tasche degli italiani 2,7 miliardi di euro. La cifra, in realtà, sembra addirittura essere sottostimata.
Stando ai dati forniti dal Censis nell’ambito di una ricerca, dal titolo “Infermieri e nuova sanità: opportunità occupazionali e di upgrating”, presentata questa mattina in occasione dell’apertura del XVII congresso di Ipasvi (Federazione Nazionale Collegi Infermieri) risulta che la domanda potenziale di assistenza infemieristica é ancora maggiore.
In Italia sono 9,1 milioni le persone che hanno una patologia cronica e 3,1 milioni non autosufficienti; inoltre il 54% di coloro che hanno pagato l’assistenza infermiereistica di tasca propria lo ha fatto in nero, sia per motivi legati ad una maggiore capacità di spesa familiare, sia perché spesso ci si avvale di personale non specializzato.
La categoria di care giver non professionali a cui si fa piú spesso riferimento é quella delle badanti che gestiscono la terapia farmocologica (88% dei casi), fanno iniezioni (32,3%) o si occupano di bendaggi (30,4%).
“Questi dati di sintesi fanno emergere alcune questioni su cui sarebbe oppurtuno riflettere”, dice Carla Collicelli di Censis, coordinatrice della ricerca.
“Tanto per cominciare, é evidente una difficoltá economica che interessa sia le Famiglie (che a causa della crisi hanno un potere d’acquisto sempre piú ristretto), sia gli stessi Infermieri, gravati da un carico notevole nella gestione della partita Iva”
Ecco perché tra le proposte che Ipasvi farà alle Istituzioni e al Governo nel corso del congresso vi é quella di una defiscalizzazione delle prestazioni infermieristiche a domicilio per andare incontro alle esigenze sia dei cittadini che dei professionisti. Un altro fronte su cui bisogna agire riguarda aspetti di carattere, per così dire, culturale. Da un lato c’é scarsa consapevolezza da parte dei cittadini del bisogno di affidarsi a personale specializzato, dall’altro lato vi é la scarsa disponibilità da parte degli infermieri di lavorare nel settore privato perché sono ancora in molti ad aspirare all’impego pubblico.
“Si manifesta così il paradosso degli infermieri”, dichiara Annalisa Silvestro, Presidente dell’Ipasvi, “A fronte di una domanda di grande portata non vi é un’offerta che la accolga adeguatamente. Sono circa 30.000 gli infemieri laureati attualmente senza occupazione e, nonostante questo, il 25,4% degli italiani ha difficoltá a trovare un infermiere privato nel proprio territorio. Bisogna quindi predisporre un sistema che faccia incontrare domanda e offerta, senza che questo meccanismo sia lasciato alle regole del caso”.