L’obiettivo è quello di raggiungere due milioni di firme entro ottobre. La Petizione ha già superato un milione e 400 mila adesioni e intende fermare il TTIP, il Trattato Transatlantico sul commercio e gli investimenti fra Unione europea e Stato Uniti e insieme il Ceta, l’accordo economico e commerciale globala col Canada. Ha presto il via anche in Italia la raccolta di firme europea contro il TTIP. “Un negoziato condotto lontano dagli occhi indiscreti dell’opinione pubblica e dei parlamenti – dicono i promotori – e che porterebbe ad una messa in discussione di standard e normative ambientali e sociali, considerate troppo spesso come impedimenti tecnici al libero commercio”.
Come si legge sul sito dell’iniziativa, la petizione nei paesi europei ha ormai superato il milione di firme, già consegnate al presidente della Commissione europea Juncker lo scorso ottobre, ed è cresciuta giorno dopo giorno arrivando a superare il milione e quattrocentomila firme. “Pensiamo sia nostro diritto come cittadini dell’UE di avere voce in capitolo sulle questioni che ci riguardano – dice Simona Maltese, di Asud una delle organizzazioni che promuovono la campagna Stop TTIP Italia – Il TTIP come il CETA avrà profondi effetti sulle nostre vite e la nostra società. Con questa iniziativa stiamo offrendo ai cittadini europei la possibilità di esprimersi. L’Iniziativa dei Cittadini Europei autogestita promuove un’idea di commercio e degli investimenti alternativa e più democratica perché pensata per e con le persone. Come Campagna Stop TTIP Italia daremo il nostro contributo all’obiettivo due milioni di firme in tutta Europa entro ottobre, per dimostrare ancora una volta che il TTIP non va firmato”.
La Campagna Stop TTIP Italia è nata nel febbraio 2014 e conta oggi più di 140 organizzazioni aderenti e una quarantina tra comitati e contatti locali nei vari territori.
La petizione vuole bloccare i due accordi perché, si legge nel testo di raccolta firme, “comportano diversi problemi fondamentali, quali la composizione delle controversie tra stato e investitori privati nonché le regole inerenti la cooperazione in campo normativo, che costituiscono una minaccia per la democrazia e lo stato di diritto. Vogliamo evitare una riduzione degli standard sociali, ambientali e inerenti il lavoro, la protezione dei dati personali e dei diritti dei consumatori, e una deregolamentazione delle risorse culturali e dei servizi pubblici (come l’acqua) in trattative non trasparenti”.
Uno degli aspetti critici è legato alle regole per la risoluzione delle controversie tra investitore e Stato con la possibilità di ricorrere a tribunali terzi. Come dicono i promotori della petizione, “il regolamento che disciplina i rapporti tra stato e investitori (ISDS) delle aziende canadesi e statunitensi darebbe loro il diritto di citare in giudizio le aziende europee per danni, se ritengono di avere perdite subite a causa di decisioni governative (ad esempio, nuove leggi per la tutela dell’ambiente o dei diritti dei consumatori). Migliorare o anche mantenere i nostri standard per i prodotti alimentari, i diritti dei lavoratori, la tutela dell’ambiente e dei diritti dei consumatori diventerà molto più difficile”.