C’è un’Europa a due velocità che risponde diversamente alla crisi economica: in alcuni paesi questa ha infatti colpito più di altri, in termini di rischio povertà, di esclusione sociale e di mancato accesso ai servizi pubblici e all’assistenza sociale, rese più precarie dalle politiche di austerità. In Europa un quarto della popolazione è a rischio di povertà, ma questa percentuale sale e diventa quasi un terzo in sette paesi “deboli” quali Italia, Cipro, Grecia, Irlanda, Portogallo, Romania e Spagna.
I dati sono di Caritas Europa e Caritas Italiana che hanno presentato il “Terzo Rapporto sull‘impatto della crisi economica in Europa”, uno studio sull‘impatto della crisi e delle misure di austerità sulla popolazione europea, con un focus sulla situazione di Cipro, Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo, Romania e Spagna. “In tema di povertà e di esclusione sociale, – spiega la Caritas – si evidenzia un’Europa due velocità: alla fine del 2013 il 24,5% della popolazione europea (122,6 milioni di persone, un quarto del totale) era a rischio di povertà o esclusione sociale (1,8 milioni in meno rispetto al 2012). Nei sette paesi caso studio lo stesso fenomeno coinvolge il 31% della popolazione residente, (+6,5 punti percentuali rispetto alla media UE28). L’Italia si posiziona su valori intermedi (28,4%). Il valore molto elevato della Romania (40,4%) dimostra come anche in presenza di alti tassi di occupazione la povertà possa comunque essere rilevante (in work poverty)”. Dal 2012 al 2013 la povertà assoluta è diminuita di poco nell’Unione europea (sta al 9,6%) mentre fra i paesi deboli si attesta al 14,9% nel 2013 con punte molte alte in Romania (28,5%) e in Grecia (20,3%).
Nonostante alcuni segnali di ripresa avviati nel 2014 gli effetti della crisi sono ancora persistenti e nei “paesi deboli” particolarmente critici. Se infatti nella popolazione europea, dal 2012 al 2013, il tasso di disoccupazione è salito al 10,8%, nei sette paesi monitorati dalla Caritas tutti gli indicatori della disoccupazione sono molto più gravi: è al 16,9% il tasso di disoccupazione (10,8% valore UE28); al 55,9% il tasso di disoccupazione di lungo periodo (49,4% nella UE28); al 40,2% il tasso di disoccupazione giovanile (23,4% nella UE28). Uno dei fenomeni più preoccupanti, per i quali l’Italia si distingue in negativo, è la percentuale di giovani che non studiano, non lavorano e non sono impegnati in nessuna formazione (Neet): mentre a livello europeo il tasso dei Neet è del 13%, nei sette paesi analizzati questa percentuale sale al 18,1%, con l’Italia che detiene il primato di paese dell’UE28 con il più elevato tasso di giovani che non lavorano, non studiano e non sono impegnati in attività di formazione. In Italia, nel 2013, il tasso di disoccupazione generale era inferiore alla media dei sette paesi deboli (12,2%), ma superiore alla media europea, mentre la disoccupazione giovanile appare più grave della media europea (40% dei 15‐24enni).
Dice la Caritas: “Anche se nei primi mesi del 2014, in alcune nazioni, il tasso di occupazione sembra mostrare segnali di ripresa, l’approfondimento dei dati indica una tendenza ad una precarizzazione del lavoro, ad una diminuzione delle ore lavorate, ad un incremento del tasso di lavoro part time”.
Particolarmente critico l’impatto delle politiche di austerità e dei tagli alla spesa sui servizi sociali: a farne le spese sono stati proprio i più poveri!.
Spiega la Caritas: “Numerose situazioni di povertà o di esclusione sociale sono state provocate o aggravate dalle politiche di austerity messe in atto dai governi nazionali, in risposta alle richieste di contenimento della spesa pubblica sollecitate dall’Unione Europea. I tagli subiti nei servizi pubblici hanno pesato maggiormente sulla popolazione a rischio di povertà, priva delle risorse necessarie per compensare tali riduzioni di spesa”.
L’impatto sociale di queste misure in parte potrà essere valutato nel medio e lungo periodo ma certo si segnala il calo della spesa sanitaria procapite, la rinuncia alle cure mediche, i tagli alla scuola. Nel settore dell’assistenza sociosanitaria, dice la Caritas, dal 2012 al 2013 c’è stato un forte calo della spesa sanitaria procapite soprattutto in Grecia (‐11,1%) e in Irlanda (‐6,6%); in Italia la riduzione è stata pari allo 0,4%. Aumenta il numero di cittadini europei che rinunciano a cure mediche essenziali, a causa della necessità di partecipare economicamente alla spesa (22,8% in media nei sette paesi). Inoltre, nonostante il legame fra povertà e basso livello di educazione, in molti paesi europei sono stati fatti tagli alle spese scolastiche (meno sussidi per libri, meno sostegno agli alunni, costo elevato delle refezioni) che in alcuni casi hanno fatto aumentare la dispersione scolastica – si stima che in Romania, a causa dei forti tagli al budget scolastico e ai sussidi per l’istruzione, la popolazione scolastica sia diminuita del 9,4%, dal 2010 al 2014.