Ormai è una guerra di numeri. Sulla partita della liberalizzazione dei farmaci di fascia C con obbligo di ricetta si combatte a colpi di comunicati stampa, dichiarazioni e tabelle su consumi e costi. Questa volta lo scontro si è acceso su una nota, diramata dall’Agenzia italiana del farmaco, che contesta l’effettiva portata delle liberalizzazioni in favore dei Cittadini a partire da una serie di dati che vengono però confutati dai Parafarmacisti.

Ad accendere le polveri il comunicato dell’Aifa che riporta alcune tabelle con l’analisi dei medicinali di fascia C a partire dal 2006, anno di emanazione del Decreto Bersani. I consumi totali sono stati stabili fino al 2010, dice l’Aifa, mentre in seguito “probabilmente per effetto della crisi economica, il consumo (ma non i costi) di questi medicinali ha visto una progressiva flessione fino al 2013, attestandosi ad una riduzione dell’11,5%, rispetto al 2006.

Tale contrazione dei consumi rispetto al 2006 ha riguardato in particolare i medicinali di fascia C con ricetta medica, dispensati esclusivamente attraverso le farmacie aperte al pubblico (-15,7% vs. 2006).

Al contrario, – dice l’Agenzia del farmaco – la riduzione dei consumi dei SOP/OTC, dispensabili anche attraverso le parafarmacie e la GDO, è stata più contenuta (-7,4%), probabilmente, sia per effetto dell’ampliamento del numero dei punti di dispensazione di questi medicinali legati al Decreto Bersani, sia per gli effetti del Decreto del Ministero della Salute 18 aprile 2012 che ha riclassificato da C-RR in C-SOP diverse specialità medicinali”.

Da questo andamento l’Agenzia diretta da Luca Pani fa scaturire un giudizio critico nei confronti delle liberalizzazioni. Sostiene l’Aifa: “Gli effetti di tali provvedimenti di liberalizzazione in realtà non sembrerebbero aver portato alcun vantaggio ai Pazienti, a parte la comodità di avere una più facile disponibilità di punti vendita che però potenzialmente li espone alle conseguenze di consumare più farmaci che non sono – come da AIFA più volte sottolineato – una merce simile a qualunque altra. Non vi sono stati risparmi per i Cittadini visto che la spesa a loro carico ha avuto una crescita del +2,2% dal 2006 al 2013. In altri termini, a fronte di un paziente che per effetto della crisi tendeva a contrarre il volume dei propri acquisti di medicinali di fascia C, il sistema produttivo e distributivo ha “compensato” sfruttando la nota attitudine al consumo del mondo occidentale con un costante incremento dei prezzi di questi medicinali”. Secondo l’Aifa c’è stato inoltre un aggravio di costi per i consumatori del 9,7% per i farmaci SOP e OTC (confronto 2013 sul 2006) mentre per i medicinali di fascia C con ricetta, nello stesso periodo, si conta una flessione della spesa a carico del cittadino del 3%. Dice dunque l’Aifa: “Se l’obiettivo della liberalizzazione della vendita dei medicinali di fascia C-SOP/OTC era quello di rappresentare un vantaggio per i pazienti, con una riduzione dei prezzi tramite una vera concorrenza e un complessivo risparmio a loro vantaggio, i dati obiettivi e certificati evidenziano il completo fallimento di tale presupposto, perlomeno nel settore dell’assistenza farmaceutica”.

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