La possibilità che si arrivi a una liberalizzazione dei farmaci di fascia C con ricetta sta infiammando il dibattito: i titolari di farmacia sono contrari – “Non è vero che l’Europa chiede di deregolamentare la distribuzione dei farmaci con ricetta”, fanno sapere – mentre i rappresentanti delle parafarmacie denunciano la difesa corporative delle “caste” della sanità di fronte a un provvedimento che avrebbe benefici per i Consumatori.

La polemica va avanti ormai da giorni, in attesa del Consiglio dei Ministri del 20 febbraio nel quale le carte dovrebbero essere scoperte. Nel frattempo le “posizioni” di questa guerriglia ricorrente ogni volta che si parla di un provvedimento sui farmaci sono ormai consolidate. Ieri Federfarma ha diffuso una nota stampa nella quale ribadisce che “non è l’Europa che vuole la ricetta al supermercato”. I titolari di farmacia fanno sapere che il PGEU (Raggruppamento farmaceutico dell’Unione Europea) ha inviato una nota ai ministri dello Sviluppo economico Federica Guidi, della Salute Beatrice Lorenzin e al sottosegretario agli Affari Europei della Presidenza del Consiglio Sandro Gozi nella quale afferma che “nessun Paese europeo permette la dispensazione di farmaci etici al di fuori delle farmacie regolarmente autorizzate”,  al di fuori cioè di “un contesto il cui obiettivo primario è l’assistenza sanitaria, soggetto a normative professionali e a standard deontologici e dove gli standard professionali prevalgono su obiettivi eminentemente commerciali.” I titolari di farmacia ricordano la sentenza della Corte di Giustizia europea quando affermava che “ …La normativa.. . che riserva alle sole farmacie, la cui apertura è subordinata a un regime di pianificazione, la distribuzione dei farmaci soggetti a prescrizione medica, compresi quelli che non sono a carico del SSN, bensì vengono pagati direttamente dall’acquirente, è atta a garantire la realizzazione dell’obiettivo di assicurare un rifornimento di medicinali alla popolazione sicuro e di qualità nonchè, pertanto, la tutela della salute.”

Federfarma, rivendica come il servizio farmacia sia fatto anche nelle aree commercialmente meno appetibili a differenza di quanto farebbe la grande distribuzione.

Sull’altro lato della barricata ci sono i titolari di parafarmacia, che denunciano l’arroccamento di “casta” di medici, farmacisti e della stessa Agenzia del farmaco. Dicono i parafarmacisti dell’Anpi: “E’ bastato che il Governo Renzi lanciasse la proposta di liberalizzare i farmaci di fascia C, che le “caste” della sanità facessero quadrato in difesa dei colleghi farmacisti. Una difesa fondata esclusivamente sulla paura che il “castello dorato” della sanità potesse crollare e con esso i loro privilegi. Che importa a questi “professionisti” degli sprechi e della mala sanità, di fornire ai cittadini italiani servizi a prezzi onesti”.

Sotto i riflettori dell’Anpi sono finiti anche i Medici e l’Aifa per alcune prese di posizione che vengono considerate allarmistiche. Mentre anche nella Gdo ci sarebbe la tutela del farmacista, ribadiscono dall’Anpi: “Non uno di questi paladini della salute che si peritasse di fornire all’opinione pubblica un’informazione corretta, ovvero che nelle parafarmacie, compresi i corner della GDO, la legge impone non solo la presenza di un farmacista abilitato alla professione, ma anche attrezzature tecnologiche, approvvigionamento dei farmaci e procedure di controllo uguali a quelle della farmacia. Ricordiamo – aggiunge l’Anpi – che il legislatore ha ritenuto che i farmacisti della parafarmacia possano, in piena autonomia, vendere farmaci che non necessitano di ricetta medica, in virtù delle loro conoscenze scientifiche e professionali.

A maggior ragione lo stesso legislatore dovrebbe riconoscere agli stessi professionisti la vendita dei farmaci di fascia C, per i quali è bene ricordare la dispensazione non dipende dalle valutazioni scientifiche e professionali del farmacista (come per i farmaci da banco), ma esclusivamente dal medico che effettua la prescrizione medica.”

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