Quando acquistiamo un prodotto alimentare, spesso, ci chiediamo quale sia lo stabilimento di produzione. Ma l’indicazione non è in etichetta. Il Fatto Alimentare e Great Italian Food Trade hanno promosso una petizione su Change.org per chiedere al Governo italiano di ripristinare l’obbligo di inserire sulle etichette di prodotti alimentari e bevande la sede dello stabilimento di produzione.

Le firme raccolte sono indirizzate a Federica Guidi, Ministro dello sviluppo economico, cui spetta il compito di notificare a Bruxelles la norma che già a partire dal 1992 consentiva ai prodotti italiani di indicare lo stabilimento di produzione. La richiesta è supportata da diverse Associazioni dei Consumatori, dalle principali catene di Supermercati (Unes, Conad, Coop, Selex, Simply, Auchan, Eurospin), da numerose Imprese industriali, da diversi parlamentari del Movimento 5 Stelle e di altri Partiti e dallo stesso Ministro delle politiche agricole Martina.

Il Fatto Alimentare spiega che l’indicazione dello stabilimento di produzione non ha nulla a che vedere con l’origine delle materie prime, che a sua volta sarà presto oggetto di una direttiva europea. La petizione chiede al Ministero dello sviluppo economico di cogliere l’occasione per rilanciare in Europa il valore indispensabile dell’informazione in etichetta sullo stabilimento di origine.

I motivi che rendono utile l’indicazione dello stabilimento sono diversi: nei casi di allerta alimentare, la disponibilità immediata della notizia della sede dello stabilimento consente alle autorità di controllo di risalire in tempo reale alla causa del problema e di intervenire con efficacia per ritirare il prodotto, anche al di fuori dei giorni feriali e degli orari di ufficio. Nella gestione delle crisi di sicurezza alimentare il tempismo è cruciale, e l’indicazione dello stabilimento può sicuramente abbreviarlo.

Ma c’è anche il fattore “scelta”, ovvero il diritto del Consumatore di scegliere in modo consapevole prodotti confezionati nel proprio Paese (con ricadute positive sull’occupazione). “Senza l’indicazione dello stabilimento i gruppi multinazionali dell’industria alimentare e della distribuzione possono trasferire le produzioni e gli approvvigionamenti da un Paese all’altro – dentro e fuori l’Unione Europea – senza informare gli acquirenti”.

Se poi la multinazionale ha acquistato un marchio legato a un Paese, può ingannare i Consumatori, utilizzando questo marchio su prodotti realizzati altrove. “È il caso marchi italiani legati a formaggi, insaccati, pizze, pasta, gelati, olio che verrebbero acquistati da consumatori convinti di comprare un alimento prodotto in Italia. Vogliamo sapere se una pizza Margherita a marchio Buitoni è made in Germany, o se un olio Bertolli è imbottigliato in Spagna?

La petizione si fa promotrice quindi della tutela dell’origine degli alimenti, dell’identità e della cultura dei luoghi, del valore del lavoro in ciascun distretto produttivo e delle rispettive economie.

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